ASP: Franco Pesaresi

ASP: Ringraziamo Franco Pesaresi, direttore dell’Asp Ambito9 di Jesi, per l’intervista rilasciata al Coordinamento:

– La pandemia Covid 19 è ormai assodata come una emergenza anche sociale, oltreché sanitaria. Dal suo osservatorio può confermare questa opinione diffusa e perché? 

La pandemia non è solo una emergenza sociale, sanitaria ed economica. È la crisi dell’intera società perché per la prima volta il mondo moderno si confronta su scala globale con un problema che, nel medio termine, non ha una soluzione.  In attesa della soluzione (il vaccino) si può solo ridurre il danno. Questi elementi sommariamente delineati hanno prodotto nella società un aumento immediato e potente della povertà insieme ad un aggravamento generale della condizione psicologica della popolazione.  

– Felice Cimatti, filosofo e psicoanalista particolarmente attento agli scenari dinamici della società occidentale, ha posto l’accento sul distanziamento sociale come una nuova virtù da perseguire. Ciò favorisce la logica immunitaria ma indebolisce quella comunitaria. Cosa ne pensa?

Occorre innanzitutto riportare tutto all’uso corretto dei termini. Non si deve parlare di distanziamento sociale (anche se tutti lo fanno) ma di distanziamento fisico. Questo è il termine corretto suggerito anche dall’Organizzazione mondiale della sanità. Non vi è dubbio che il distanziamento fisico riduce la logica comunitaria e toglie molto alle relazioni fra le persone ma proprio per questo, e con la consapevolezza di questo, dobbiamo lavorare di più sulla vicinanza sociale per ridurre la distanza fra le persone e per mantenere lo spirito di comunità e di solidarietà.  Su questo dobbiamo lavorare tutti perché i rischi sono elevati. Ma per onestà devo anche dire che sono convinto che con la conclusione della pandemia gli italiani torneranno alle precedenti prassi nelle relazioni fra le persone anche se ci porteremo dietro le conseguenze (non so in quali dimensioni del periodo del COVID-19.

– L’Asp, per sua strutturazione, è una azienda che eroga servizi sociali per diversi comuni. Tra di essi ‘è una rete di pensiero solidale oppure tutto è demandato ad una regia tecnica? In altre parole: come e quanto pesano le risorse finanziarie sui servizi?

L’ASP è fortemente finalizzata all’intervento sociale e solidale. Si ragiona costantemente di ciò che occorrerebbe fare nella società per creare inclusione e benessere sociale. Naturalmente occorre trovare una sintesi tra ciò che bisognerebbe fare e le risorse a disposizione. Ma c’è la continua ricerca, anche attraverso strumenti nuovi, di ulteriori risorse, forti della convinzione che un buon progetto di intervento spesso è in grado di mobilitare nuove risorse.


– È nota la sua sensibilità per la formazione a tutto tondo. Crede che sia utile anche per il mondo del volontariato che spesso e volentieri si interfaccia con quello del welfare? E come e con quali declinazioni organizzative?

La formazione e l’aggiornamento formativo fanno sempre la differenza. In tutti i campi di azione e forse ancor di più nel settore del volontariato per le caratteristiche proprie dell’attività volontaria e gratuita. Serve a dare valore al volontariato e serve ad utilizzare in modo ottimale le risorse del volontariato. La formazione del volontariato è diversa da quella per gli operatori professionali così come è diversa, per fare un altro esempio, da quella che si può organizzare per i caregiver familiari. E’ una formazione peculiare che va programmata ed organizzata appositamente per il mondo del volontariato. Tempi della formazione, orari della formazione, modalità della formazione e contenuti vanno previsti pensando in modo specifico al volontariato. Attualmente questa, quando c’è, è organizzata dalle sole associazioni di volontariato per i propri associati ed invece bisognerebbe uscire da questa gabbia e pensare che esiste un interesse pubblico per la formazione del volontariato e conseguentemente   stimolare anche gli enti pubblici (Asur, comuni, ecc.) ad organizzare corsi di formazione anche per il mondo del volontariato.

 – Il Coordinamento da qualche mese ha immesso nel dibattito locale la proposta di organizzare gli Stati Generali del Volontariato del territorio. Al di là della emergenza Covid che accentra il focus sociale, la proposta ha un senso per lei come tecnico del welfare?

Ci sono momenti in cui è necessario discutere tutti insieme di come percorrere il passaggio epocale che stiamo vivendo. E non mancano gli argomenti per una proposta come quella di convocare gli Stati Generali del volontariato: pensiamo all’introduzione della legge quadro del terzo settore, pensiamo all’impatto del Covid-19 sul volontariato e ai cambiamenti che potrà portare quando questo passerà, pensiamo alla rinnovata sottolineatura della legge quadro sulla gratuità del volontariato, pensiamo alla necessità di far pesare di più il volontariato nella società o a quella di ripensare, in qualche caso, ai rapporti con le pubbliche amministrazioni. Naturalmente un evento di questo tipo deve essere curato con attenzione affinché possa contribuire a rafforzare la ricca rete di associazioni di volontariato presente in questo territorio.

– Il Covid 19 ha posto all’attenzione una criticità: quella dello spezzettamento dei punti di vista, della proliferazione delle opinioni su ogni tema, quella della improvvisazione dei giudizi. Che cosa ne pensa e soprattutto quali sono per lei le vie d’uscita, nell’ottica per esempio del Terzo Settore?

Quello che sta accadendo attorno al COVID-19 mi ha sollecitato una riflessione molto politica di fronte ai diversi comportamenti dello Stato, delle Regioni e perfino dei singoli comuni. L’esigenza di protagonismo più che l’amore e la tutela della popolazione ha portato spesso ad una babele di provvedimenti e ad una divisione dei vari soggetti statuali che invece, proprio in questi momenti, dovrebbero dimostrare una maggiore unità. Sono tornato centralista. Non siamo pronti per il federalismo.

– In che rapporto dovrebbero relazionarsi, rispetto al welfare, istituzioni e volontariato e come ne legge le caratteristiche presenti sul nostro territorio?

Non vedo elementi che suscitino preoccupazione nel rapporto fra volontariato ed istituzioni del nostro territorio. Ci sono in atto delle dinamiche di collaborazione e di legittimo confronto come è normale e giusto che sia.  L’argomento va comunque trattato con la necessaria delicatezza perché il rapporto fra istituzioni e volontariato non è un rapporto del tutto paritario (né potrebbe esserlo data la disparità di forza dei due soggetti) nonostante gli sforzi che possono fare le istituzioni e le organizzazioni del volontariato. Occorre sempre trovare un faticoso e delicato equilibrio fra la salvaguardia dell’autonomia dell’organizzazione di volontariato, la tutela della gratuità dell’attività del volontariato e l’interesse pubblico espresso dalle istituzioni.

– Previsioni o profezie su welfare dopo Covid se ne possono fare?

La pandemia finirà dopo tanti sacrifici che tutti quanti abbiamo fatto. Soprattutto il mondo del welfare ha pagato il prezzo più elevato: la sanità innanzitutto ma anche il mondo del sociale è stato fortemente impegnato. Spero che si faccia tesoro dell’esperienza che abbiamo vissuto e che questo serva a migliorare le cose per il futuro. Abbiamo compreso che serve molta più prevenzione (e conseguentemente risorse per chi se ne occupa) e serve più attenzione per i soggetti più fragili della nostra società. Abbiamo compreso che i problemi più importanti vanno affrontati a livello globale e che per contro serve un grande senso di responsabilità a livello individuale per tutelare se stessi e gli altri. Dobbiamo lavorare su tutto questo per non trovarci più impreparati ai prossimi eventi. 

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