Le Marche del volontariato, tra “zone rosse”, evoluzioni e formazione necessarie per costruire nuovi modelli di cittadinanza attiva: intervista a Daniele Tassi, presidente di Odòs Società Cooperativa, Consigliere Nazionale Centro Sportivo Italiano, componente direttivo di CSV Marche e consigliere della Fondazione Vallesina Aiuta.
- Cosa è successo al mondo del volontariato locale in questo periodo di crisi dovuto al COVID-19?
Mi sembra importante, come marchigiano, provare a dare una lettura su due emergenze differenti che hanno coinvolto direttamente la nostra regione in questi anni e di come anche il volontariato è stato coinvolto in modo diverso da questi eventi.
La nostra regione, nel giro di pochi anni, ha sperimentato due diverse modalità di vivere le “zone rosse”.
Stare nella zona rossa del terremoto del 2016 ha costretto per diverso tempo a stare fuori di casa per la nostra sicurezza. Questo ci ha consentito di riscoprire la comunità e le relazioni come risorsa positiva per superare la fragilità generata dal trauma terremoto.
La zona rossa imposta per l’emergenza da COVID-19, ci costringe a stare dentro le nostre case per la nostra sicurezza e quella degli altri. Questa modalità, a differenza della precedente, ci porta ad essere separati dal mondo, dalla comunità e dalle nostre relazioni sociali quotidiane.
La zona rossa da COVID-19, a differenza della prima, ha limitato fortemente l’attività e la presenza sul nostro territorio delle tante associazioni e volontari che svolgevano quotidianamente un’importante funzione di sostegno, cura, coesione sociale, assistenza, impegno e cittadinanza attiva. Durante l’emergenza del terremoto, invece, si sono moltiplicate le attività e la presenza di associazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale nelle zone colpite dal sisma.
Di fatto è stato limitato fortemente l’elemento essenziale del volontariato, ossia la presenza accanto alle persone. Proprio perché il veicolo del contagio è la vicinanza tra le persone.
- Cosa può fare il volontariato in questo momento di emergenza? Come attivarsi pur dovendo stare a casa?
Come dicevo sopra, il cuore del volontariato sono i volontari. Il capitale umano, rappresentato dai volontari, è il veicolo propulsivo e moltiplicativo dell’azione delle associazioni di volontariato. Non possiamo aspettare il dopo in modo passivo, ma dobbiamo continuare a essere attivi anche durante la crisi. Da una parte, cercando di capire come continuare a coltivare la nostra vocazione di volontari anche in questa fase di restrizione, dall’altra utilizzando questo momento di pausa per curare la nostra formazione personale come volontari.
Questo secondo aspetto mi sembra particolarmente importante. La formazione diventa un elemento strategico proprio per il dopo. Quando avremo trovato un vaccino, quando le restrizioni alle libertà individuali e sociali cadranno, quando il Paese, l’Europa ed il mondo ripartiranno, non potremo pensare che tutto magicamente sarà come prima.
Le associazioni di volontariato e di promozione sociale devono interrogarsi fortemente sugli scenari futuri, su bisogni e le necessità del territorio alla fine di questa emergenza. Per fare questo occorre però dedicare tempo per approfondire e formarsi, al fine di essere pronti ad affrontare l’importante fase della ricostruzione sociale ed economica del paese.
Sicuramente molti dei paradigmi di riferimento, con i quali guardavamo alla realtà e alla società, muteranno e con essi anche le modalità organizzative delle attività di volontariato. Per sapere però come modificare il nostro modo di essere e fare volontariato, al fine di essere pronti a rispondere attivamente alla fase della ricostruzione, occorre attingere alla risorsa della formazione, per ampliare la nostra capacità di guardare in modo diverso e innovativo al domani.
- Dopo questa emergenza cambierà il mondo del volontariato? Se sì, in quale modo?
L’augurio è che ci sia un’evoluzione del mondo del volontariato, perché da ogni crisi nascono delle nuove opportunità, risposte, modelli, tendenze. Sarebbe assurdo pensare che il mondo del volontariato rimanga impermeabile a tutto ciò che è successo. Come ho detto, le persone sono il capitale umano del volontariato. Ogni persona porterà nella sua biografia personale e di vita questo evento. E come ogni evento avrà sicuramento prodotto dei cambiamenti e delle nuove consapevolezze.
A mio avviso quello che dovrà cambiare, nel mondo del volontariato, è come le organizzazioni e le associazioni guardano e si prendono cura del desiderio e del bisogno di fare volontariato delle persone. Sicuramente, dopo questa emergenza, partirà un periodo di crisi economica, a cui si affiancherà un aumento della disoccupazione e delle fragilità.
Come dare spazio al desiderio e al bisogno di volontariato in questo scenario?
Anzitutto essendo inclusivi e non esclusivi. Questo significa volgere lo sguardo non soltanto al bisogno dell’organizzazione di volontariato, ma anche al bisogno e al desiderio del volontario. Anzitutto immaginando quali possono essere i percorsi d’ingresso nel mondo del volontariato, ma soprattutto assumere la consapevolezza che il volontariato deve diventare un elemento di cittadinanza attiva lungo tutto l’arco della vita. Fare volontariato è una modalità di affermare la propria cittadinanza e appartenenza ad un territorio. Le associazioni di volontariato e di promozione sociale hanno il compito di favorire questa modalità di cittadinanza attiva delle persone. In questo svolgono un’importante funzione di sussidiarietà volta alla promozione della cittadinanza di ogni individuo.
Occorre però comprendere che ogni persona avrà una propensione diversa, nel mettere a disposizione un po’ del suo tempo, in base alle sue diverse fasi di vita (es. giovane, adulto, anziano, lavoratore, disoccupato, pensionato, single, fidanzato, sposato, genitore o nonno). Per questo le associazioni di volontariato e promozione sociale debbono invertire un po’ la prospettiva. Dalla ricerca spasmodica dei volontari da impiegare nelle attività istituzionali a percorsi inclusivi che vadano a sostenere il bisogno e l’esigenza di chi vuole fare volontariato, anche solo per un giorno.