Essere volontari…al quadrato

Dopo presidenti di associazioni, rappresentanti della politica locale e riflessioni autorevoli, raccogliamo le considerazioni di un giovane che ha scelto di impegnarsi e di partecipare alla vita della sua comunità come volontario. Scopriamo perché nell’intervista a Riccardo Ciampichetti, che ringraziamo (insieme ad Arci Servizio Civile Jesi) per la disponibilità.

  • ᴀᴛᴛᴜᴀʟᴍᴇɴᴛᴇ ғᴀɪ ɪʟ ᴠᴏʟᴏɴᴛᴀʀɪᴏ ᴘʀᴇssᴏ ʟᴀ Croce Rossa Italiana di Castelplanio ᴇ sᴇɪ Oᴘᴇʀᴀᴛᴏʀᴇ Vᴏʟᴏɴᴛᴀʀɪᴏ ɪɴ Sᴇʀᴠɪᴢɪᴏ Cɪᴠɪʟᴇ ᴜɴɪᴠᴇʀsᴀʟᴇ ᴘʀᴇssᴏ ʟᴀ ᴄᴀsᴀ ᴅɪ ʀɪᴘᴏsᴏ Mᴏɴᴛᴇᴄᴀʀᴏᴛᴛᴏ. Cᴏsᴀ ᴛɪ ʜᴀ sᴘɪɴᴛᴏ ᴠᴇʀsᴏ ʟ’ᴜɴᴀ ᴇ ᴄᴏsᴀ ᴠᴇʀsᴏ ʟ’ᴀʟᴛʀᴀ?

Curiosità e voglia di aiutare gli altri. Quello che mi ha avvicinato alla CRI è stato il fatto che era un mondo che già conoscevo grazie al fatto che anche mia madre è volontaria, la curiosità di scoprire per bene come funzionasse quel mondo affascinante ha fatto il resto. Per il Servizio Civile invece è stata la voglia di mettermi in gioco anche durante gli studi universitari appena intrapresi.

  • Iʟ Cᴏᴠɪᴅ-19 ʜᴀ ᴄᴀᴍʙɪᴀᴛᴏ ɪʟ ᴛᴜᴏ ᴇssᴇʀᴇ ᴠᴏʟᴏɴᴛᴀʀɪᴏ? Sᴇ sɪ̀, ᴄᴏᴍᴇ?

Il Covid-19 ha purtroppo un po’ logorato i rapporti tra noi volontari e coloro che assistiamo. Non potergli stare più vicini come prima, nascondere il nostro e il loro volto con mascherine e talvolta anche visiere impedendoci di comunicare con le espressioni e di poterci scambiare anche un semplice sorriso sta rendendo tutto un po’ più difficile.

  • Tᴜᴛᴛɪ ᴅɪᴄᴏɴᴏ ᴄʜᴇ ɪʟ ᴍᴏɴᴅᴏ ɴᴏɴ sᴀʀᴀ̀ ᴘɪᴜ̀ ʟᴏ sᴛᴇssᴏ ᴅᴏᴘᴏ ɪʟ Cᴏᴠɪᴅ 19: ᴄᴏᴍᴇ ᴠɪᴠᴇᴛᴇ ᴠᴏɪ ɢɪᴏᴠᴀɴɪ ǫᴜᴇsᴛᴀ ᴘᴀɴᴅᴇᴍɪᴀ? Nᴇ ᴘᴀʀʟᴀᴛᴇ sᴜɪ sᴏᴄɪᴀʟ, ɴᴇʟʟᴇ ᴄʜᴀᴛ?

Quasi quotidianamente ci informiamo e discutiamo sulle notizie e gli aggiornamenti riguardo la situazione. Mai esageratamente ma ritengo che per ragazzi della nostra età restare informati sia particolarmente un dovere, senza trascurare la vita sociale e i momenti di svago anche in questa delicata fase della vita di tutti noi.

Gli Stati Generali del volontariato

La stampa, e soprattutto i social network  locali in questi giorni hanno ospitato notizie e riflessioni che hanno in primo piano il volontariato; ciò anche grazie alla emergenza Covid 19 che ne ha messo in risalto il ruolo, le funzioni, i valori. 

Siamo di fronte ad una accelerazione di questi temi, che a livello locale risente anche della questione del ricambio delle deleghe dell’assessorato competente al Comune di Jesi. 

La recente intervista al sindaco Bacci , apparsa sulla pagina Facebook del nostro Coordinamento, ribadisce con forza la centralità del volontariato: noi la amplifichiamo portando ad esempio la  nomina del nuovo presidente dell’Asp n.9.  L’avv. Marasca subentra al dimissionario dott. Mosconi e è utile ricordare – come fa spesso il sindaco Bacci – che si tratta di incarichi a titolo gratuito. Volontariato puro, a fronte di un impegno e di assunzioni di  responsabilità nella gestione dell’azienda più importante per il welfare del territorio.

Il  volontariato è riconosciuto nella sua funzione di valore aggiunto, anche se attualmente l’associazionismo  tutto (da quella sociale, a quello culturale, a quello sportivo) vive nel nostro Paese un momento difficile per l’applicazione della nuova Legge del Terzo Settore che lo regolamenta, accorpando di fatto realtà molto diverse tra loro.

Il  volontariato di queste normative e dell’obbligo di rispettarle sente fortemente il peso; e con la crisi Covid 19 siamo di fronte ad una accresciuta pressione burocratica che di fatto contraddice quei riconoscimenti che da tutte le parti gli vengono attribuiti (dal  livello nazionale fino a quello locale). 

Crediamo che il tema della burocrazia sia un tema importante sul tappeto in questo momento, e che di esso ci si debba occupare nelle sedi istituzionali giuste, ad ogni livello.

Per quanto sopra:

– in considerazione che da più parti si afferma che siamo  di fronte ad una mutazione  di un clima sociale, economico, culturale; 

– tenuto conto anche dello scenario comunale e territoriale; 

– vista la necessità di  realizzare un confronto allargato, con urgenza, sul tema del volontariato nelle sue declinazioni concrete (albi, regolamenti, formazione, costruzione di reti, accesso alla risorse, ricambio generazionale, etc.) ; 

proponiamo

 GLI STATI GENERALI DEL VOLONTARIATO A JESI e NELLA VALLESINA. 

Il nostro  Coordinamento, quale espressione territoriale del Centro Servizi Volontariato delle Marche, lancia questa proposta all’ASP n.9 (pensando al Profilo di Comunità da essa elaborato e alla Fondazione “Vallesina Aiuta onlus”), al Comune di Jesi quale capofila di un territorio più ampio, e a tutte quelle realtà del Terzo Settore che sono interpreti dei valori aggiunti del volontariato.

Quel volontariato che – in tutte le sue forme – è portatore sano radicato nel passato, sensibile e attento in questo tempo presente e proiettato al futuro.

Il Coordinamento

Emergenza e volontariato: intervista al sindaco di Jesi Massimo Bacci

Superata la fase dell’emergenza, il “durante” è tempo fertile per un primo bilancio e per la progettazione del futuro del volontariato.
Intervista al primo cittadino di Jesi, Massimo Bacci.

  • Fᴏʀᴛᴇ ᴅɪ ᴜɴᴀ ᴇsᴘᴇʀɪᴇɴᴢᴀ ᴠɪssᴜᴛᴀ ᴅᴀ ᴘʀɪᴍᴏ ᴄɪᴛᴛᴀᴅɪɴᴏ, ᴄᴇʀᴛᴏ ᴍᴏʟᴛᴏ ɪᴍᴘᴇɢɴᴀᴛɪᴠᴀ ᴀɴᴄʜᴇ sᴏᴛᴛᴏ ɪʟ ᴘʀᴏғɪʟᴏ ᴜᴍᴀɴᴏ, ᴄʜᴇ ᴄᴏsᴀ ᴘᴜᴏ̀ ᴅɪʀᴄɪ ᴅᴇʟ ʀᴀᴘᴘᴏʀᴛᴏ ᴛʀᴀ ᴄʀɪsɪ Cᴏᴠɪᴅ 19 ᴇ ᴠᴏʟᴏɴᴛᴀʀɪᴀᴛᴏ?

È stata questa della pandemia una occasione per confermare lo straordinario ruolo del terzo settore a supporto delle strutture sanitarie e degli enti pubblici. Le associazioni di volontariato hanno mostrato, tutte e nessuna esclusa, grande senso di responsabilità, piena consapevolezza della drammatica situazione sociale ed economica che si è creata ed hanno contribuito in maniera determinante ad aiutare – solo per restare nel nostro territorio – centinaia e centinaia di famiglie in difficoltà. Certo, non lo hanno potuto fare con la vicinanza fisica, che è un po’ l’essenza di chi fa volontariato per gli altri, ma certamente non solo fornendo mezzi di sussistenza, ma anche mantenendo un dialogo ancorché a distanza. 

Il Comune di Jesi ha percepito subito che poteva fare pieno affidamento sul volontariato e ovviamente ne ha attinto a piene mani per garantire servizi assolutamente indispensabili, così come la distribuzione di beni di prima necessità. Avremo certamente modo, a conclusione di questo periodo, di testimoniare tangibilmente il senso di gratitudine dell’Amministrazione comunale e della Comunità tutta a quanti si sono prodigati per non lasciare solo nessuno. 

  • Sɪᴀᴍᴏ ᴀɴᴄᴏʀᴀ ɴᴇʟʟᴀ ғᴀsᴇ ᴅᴇʟ “ᴅᴜʀᴀɴᴛᴇ” ᴇᴅ ᴇ̀ ᴇssᴇɴᴢɪᴀʟᴇ, ʟᴏ ᴅɪᴄᴏɴᴏ ɪɴ ᴍᴏʟᴛɪ, ᴄʜᴇ ʟᴏ sɪ ᴘᴇɴsɪ ɢᴜᴀʀᴅᴀɴᴅᴏ sɪᴀ ᴀʟ ᴘᴀssᴀᴛᴏ ᴄʜᴇ ᴀʟ ғᴜᴛᴜʀᴏ. Cʜᴇ ᴘᴀssᴀᴛᴏ ʜᴀ ᴀᴠᴜᴛᴏ ᴇ ᴄʜᴇ ғᴜᴛᴜʀᴏ ᴀᴠʀᴀ̀ ɪʟ ᴠᴏʟᴏɴᴛᴀʀɪᴀᴛᴏ, ǫᴜᴇʟʟᴏ ɪɴ ᴘᴜʀᴇᴢᴢᴀ ᴅɪ ᴍᴏᴛɪᴠᴀᴢɪᴏɴɪ ᴇ ᴅɪ ɢᴇsᴛɪᴏɴᴇ, sᴇᴄᴏɴᴅᴏ ɪʟ sɪɴᴅᴀᴄᴏ Bᴀᴄᴄɪ?

Inutile guardare al passato, perché da questa emergenza si uscirà con un mondo completamente cambiato dove sarà importante, anche per il volontariato, essere pronto a recepire le nuove esigenze. Ma sotto questo profilo sono molto fiducioso, perché l’esperienza del Covid-19 ha mostrato grande capacità di risposta. La parola d’ordine è resilienza, capacità di adattamento ad una nuova situazione e di risposta conseguente. Per questo insieme all’assessore ai servizi sociali Marialuisa Quaglieri, abbiamo condiviso la necessità di istituire tavoli di confronto per ricevere dalla viva voce delle associazioni di volontariato riflessioni e considerazioni per meglio orientare l’azione in futuro. In questo contesto ritengo il coordinamento del volontariato uno strumento assolutamente indispensabile per ottimizzare risorse ed energie in una prospettiva di arrivare a fornire risposta ai nuovi bisogni che emergeranno.

In che modo è da vederlo insieme, anche sperimentando momenti di formazione condivisa che possano permettere a volontari già navigati ed a nuovi cittadini disponibili a farne parte di conoscere e approfondire tematiche utili per rendere il loro supporto effettivamente efficace.

Vecchio ospedale, nuova questione…

Silvano Sbarbati propone una riflessione nuova su un tema caro al Coordinamento, ovvero il futuro del vecchio ospedale di Jesi. Con l’auspicio che il graduale rientro alla “normalità” ravvivi il sano e naturale dibattito, esercizio di una cittadinanza attiva.

In questi ultimi giorni sono apparse sulla stampa e sui social due interventi: il sindaco di Jesi Massimo Bacci ha rilanciato con forza e molta decisione la proposta di trasformare in RSA (Residenza Sociale Assistita)  il vecchio ospedale Murri. Da parte sua, il consigliere comunale Samuele  Animali ha rimesso al centro della attenzione l’utilizzo dell’ospedale di viale della Vittoria, una volta abbattuto (e sul  quando l’Asur non ne dà ancora certezza). 

Sulla RSA il mondo del volontariato esprime la propria convinta adesione alla idea del sindaco: non è una posizione aprioristica ma è dettata dalla convinta idea che la proposta abbia una profonda rispondenza nei confronti della comunità del nostro territorio, senza fughe in avanti e con grande concretezza realizzativa. E lo diciamo in nome della sensibilità e della operatività che il volontariato mette in opera da sempre nei confronti della popolazione più fragile, come quella anziana.

Sulle idee che Animali mette in campo per il futuro del vecchio ospedale di viale della Vittoria e dell’ospedale monumentale di corso Matteotti, il Coordinamento rivendica un piccolo merito: di aver messo in evidenza questo problema per primo, con un convegno organizzato tre anni fa circa e ripetuto con un altro evento un anno dopo. 

Allora si chiedeva alla città e al territorio di cominciare a pensare, di cominciare a cercare idee su che cosa fare e su che cosa debba diventare questa area e questa struttura. Non entriamo nel merito delle  proposte avanzate da Animali, chè questa non è la sede. Ma qui vorremmo esprimere soddisfazione per questo avvio di dibattito pubblico, augurandoci che possa proseguire nelle sedi più opportune e con  esiti concreti e soprattutto in armonia con la realtà di tutta la comunità jesina e del territorio di riferimento. Inoltre vorremmo che in ogni fase del dibattito e nei momenti delle scelte il volontariato, nelle forme e nei modi da discutere, venga ascoltato. Perché la solidarietà ( che va di moda citare come valore aggiunto proprio del volontariato) non si può sospendere in quanto esercizio di condivisione e di cittadinanza attiva. Siccome viviamo tempi di emergenza, e si dice che nulla sarà come prima, non vorremmo che, nel “dopo” tutto fosse uguale  e dunque ancora peggio.



Se il mondo intero pare divenuto una prigione

“Qua dentro, là fuori…”. Là dentro, qua fuori. Il contributo di Samuele Animali, del Direttivo Antigone Marche ci aiuta a completare lo sguardo sulla nostra realtà e le sue complessità in tempo di pandemia.

  • Pᴇʀᴄʜᴇ́ ᴘʀᴏᴘʀɪᴏ ɪʟ ᴄᴀʀᴄᴇʀᴇ.

Il carcere è per definizione un luogo fuori dal mondo. Eppure se vuoi capire il mondo devi andare in carcere. Proprio come gli archeologi trovano i reperti più interessanti nei cimiteri e negli immondezzai, così il carcere è, per tanti versi, la discarica della società.
Il carcere è lo specchio deformato del mondo. Le persone che lo popolano sono spogliate di ogni dignità e di ogni autonomia. Rappresenta l’anello più fragile della nostra società per quanto riguarda i diritti civili ed tra i punti di emersione principali delle tensioni che l’attraversano. Qui le cose accadono prima e producono effetti peggiori.

  • Cʜᴇ ᴄᴏsᴀ sᴜᴄᴄᴇᴅᴇ ᴄᴏɴ ɪʟ ʟᴏᴄᴋᴅᴏᴡɴ.

Nulla, verrebbe da dire. Per i detenuti il confinamento è a condizione normale. Senonché il nostro lockdown presuppone una casa “comoda”, e quindi mette maggiormente in difficoltà i senza dimora, i minori in comunità, i richiedenti asilo, e anche i detenuti. Se il mondo intero pare divenuto una prigione, le prigioni vere sono diventate inferno. Il sovraffollamento delle prigioni produce normalmente disagio, ma la preoccupazione per il Covid-19, assieme alla sospensione delle visite imposta dall’amministrazione penitenziaria (potendo far poco altro), nel mese di marzo ha innescato proteste e rivolte. Numerosi detenuti sono morti (13), in alcuni casi per cause ufficialmente ancora non definite.

  • Aɴᴛɪɢᴏɴᴇ.

Assieme alle visite è stata sospesa gioco-forza anche l’attività delle associazioni all’interno degli istituti. Antigone in particolare è un’associazione nazionale che si occupa di tutela dei diritti civili, prestando un supporto di carattere giuridico, amministrativo, sanitario. Non è necessario un gran numero di soci attivi, avere a che fare con il carcere è un’esperienza molto particolare all’inizio, occorrono una forte motivazione ed anche una preparazione specifica, che si acquisisce solo con l’esperienza o potendo contare su specifiche competenze professionali.

  • Jᴇsɪ ᴇ Vᴀʟʟᴇsɪɴᴀ.

Diversi soci di Antigone Marche abitano a Jesi e in Vallesina, anche se a Jesi non c’è più un carcere da molti anni ormai. Le strutture più vicine sono la casa di reclusione di Barcaglione e la casa circondariale di Montacuto, entrambe in Ancona. Chi non entra negli istituti si occupa dell’attività di sensibilizzazione sul territorio e nelle scuole o dell’interlocuzione con le istituzioni. Questa attività ovviamente non si è mai fermata e abbiamo lavorato via mail e in videoconferenza, cosa che già facevamo normalmente.

  • Lᴀ sɪᴛᴜᴀᴢɪᴏɴᴇ.

Tutte le strutture carcerarie marchigiane sono interessate a turno da visite a carattere ispettivo svolte nell’ambito di un progetto denominato osservatorio nazionale sulle condizioni della detenzione. Nel 2019 Antigone ha visitato 100 istituti in Italia: in quasi la metà c’erano celle senza acqua calda, in più della metà c’erano celle senza doccia. Le condizioni igienico-sanitarie sono spesso precarie, talvolta mancano prodotti per la pulizia e l’igiene. Come fai a mantenere le distanze se tre persone vivono in celle da 12 metri quadri? Il rischio si estende agli operatori: poliziotti medici, infermieri, personale civile.
Si è resa necessaria la scarcerazione anticipata di un certo numero di reclusi gravemente malati o a fine pena, in genere sostituendo la reclusione con modalità di detenzione domiciliare. I Tribunali hanno avuto modo di evidenziare che il diritto alla salute (art. 32 Cost.), specie quando riguarda soggetti già affetti da gravi patologie, può prevalere sull’esigenza di eseguire la pena per intero. La Costituzione (art. 27) chiarisce anche che la pena non può consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. In questo particolare momento si tratta anche di consentire telefonate o video-telefonate quotidiane, di fornire dpi a tutto il personale penitenziario, di garantire la sanificazione degli ambienti.

  • Dᴏᴠᴇ sᴛɪᴀᴍᴏ ᴀɴᴅᴀɴᴅᴏ.

Sono ancora troppo affollate le carceri. Nemmeno quattromila persone sono state scarcerate, in genere trasferite alla detenzione domiciliare, sulle oltre sessantunomila che c’erano a fine febbraio. Eppure queste riduzioni di pena hanno suscitato scandalo.
È che confondiamo il carcere col sistema penale e la scarcerazione con l’impunità. Mentre la pena del carcere è una pena residuale, l’ultima ratio, in un sistema in cui esistono molti tipi di pena, dalle pene pecuniarie, a quelle riparative, a varie forme di privazione della libertà di movimento…
In un carcere come quello odierno le persone di regola escono peggiore e più pericolose di come sono entrate.
Ecco, molto banalmente, il senso dell’occuparsi dei detenuti cercando di contribuire a garantire un trattamento umano e non degradante. Non perché sono tuoi concittadini, o tuoi parenti, o brave persone. Ma perché è indifferente che lo siano. La com-passione in questo caso sta nel riconoscere l’uomo nonostante tutto, là dove il rischio di non riconoscerlo è più grande perché maggiore è la distanza.
Quindi in primo luogo il rispetto è presupposto della possibilità di recuperare alla comunità le persone, e questa è la massima declinazione della sicurezza. In secondo luogo, quando mi occupo della condizione di una persona ristretta mi occupo di me stesso, perché un trattamento degradante non è tale solo per chi lo subisce, ma anche per chi lo provoca o lo permette, ogni violazione consuma un diritto di tutti e di ciascuno.

Conviene ricordare le parole della Via crucis del 10 aprile scorso, che il Papa ha fatto scrivere da persone le cui vite a vario titolo incrociano il carcere: a chi grida crocifiggilo, crocifiggilo occorre rispondere che l’unica giustizia possibile passa per la misericordia.

Solidarietà in Vallesina, aiuti in ordinaria emergenza

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo non ha certo sopito bisogni legati al sostentamento: continua il nostro viaggio virtuale in ascolto delle sfaccettate realtà del territorio. Intervista a Massimo Costarelli, Presidente dell’ Associazione Aiuti in Vallesina Onlus, che dal 2015 si occupa di solidarietà sociale.

  • Come sta affrontando la sua Associazione l’emergenza COVID-19  ?

La nostra associazione, attiva nel perseguimento di due missioni sociali, cioè il recupero delle eccedenze alimentari da aziende ed attività commerciali e la ridistribuzione della stessa merce  alle associazioni caritatevoli beneficiarie di tredici Comuni della media Vallesina, è proseguita regolarmente grazie all’operato dei volontari anche nei primi giorni di blocco, molto prima della definizione delle linee guida operative per lo svolgimento delle attività dei volontari del Terzo Settore che in seguito ci ha aiutati ad inquadrare meglio la conformità della nostra attività. Abbiamo operato con qualche difficoltà oggettiva e materiale in più, per l’evidenza delle nuove ordinanze e delle direttive che hanno interessato ovviamente anche i nostri fornitori, in particolare in relazione a movimenti, ad attività ed a comportamenti; l’attività è, comunque, proseguita regolarmente e senza discontinuità a servizio dei nostri beneficiari.

  • Quali difficoltà sta incontrando la sua Associazione nello svolgimento della propria attività solidale?

In questo momento, l’attività prosegue regolarmente, senza intoppi, anzi, in questo periodo, sono state strette collaborazioni ulteriori con strutture riconducibili alle istituzioni, per esempio Protezione Civile Regionale, o alle Associazioni locali. La riapertura delle attività delle associazioni caritatevoli locali ci ha permesso di tornare alla nostra normale attività.

  • Quali esperienza sta maturando la sua Associazione a seguito dell’emergenza COVID-19 nel presente e per il futuro?

La nostra associazione è a servizio degli operatori che operano a favore del superamento della problematica del disagio alimentare; quindi nulla è cambiato rispetto a prima se non l’evidente peggioramento della problematica di carattere sociale. La nostra attività è, e resta necessaria nel contesto della problematica.

Per il futuro i Piani pandemici nazionali e regionali dovranno definire fin da subito analiticamente l’impegno e l’utilizzo del Terzo Settore in fase di emergenza onde evitare esitazioni ed insicurezze.

Ascolto e sostegno a distanza: “La Famiglia” c’è, durante e dopo la tempesta

Intervista ad Elio Ranco, presidente del Consultorio La Famiglia di Jesi, associazione attiva da 40 anni con un equipe di volontari specializzati a disposizione di persone, coppie e famiglie che vivono momenti di fatica nelle relazioni (l’intervista è stata rilasciata lo scorso 27 aprile, n.d.r.)

• Come è cambiato – se è cambiato – in questo momento di emergenza il vostro servizio di volontario psicologico come Consultorio La Famiglia?

Questa emergenza, a noi come a tutti, è piovuta in testa come un fulmine a ciel sereno e ci ha trovato del tutto impreparati. La prima cosa che siamo stati costretti a fare è stata chiudere la nostra sede. Dopo un momento di comprensibile sbigottimento e smarrimento, ci siamo subito attivati per rimanere in contatto tra noi attraverso le videoconferenze e ci siamo domandati cosa avremmo potuto fare noi nella nostra specificità professionale. Ci siamo resi conto di aver bisogno di informazioni e suggerimenti su come comportarci e, quindi, abbiamo attivato i nostri contatti nazionali per acquisire informazione e formazione su come affrontare questa delicata situazione.

Consulta per la Pace: volontari al tempo della “guerra” al Covid-19

Tra attivismo e voglia di iniziare a programmare il futuro, intervista a Paolo Gubbi, coordinatore della Consulta per la Pace di Jesi.

  1. In primis, e in sintesi, che cosa è e come funziona la Consulta?

La Consulta per la pace è un Istituto di partecipazione del Comune di Jesi, ha celebrato i 20 anni di attività nel 2019. Il suo compito è quello di diffondere la cultura della pace e della solidarietà fra la cittadinanza, organizzando eventi come la “Giornata della pace” del 6 gennaio in cui, al mattino, si lanciano i palloncini con il messaggio di pace degli studenti delle scuole primarie e nel pomeriggio c’è un convegno con ospiti che sono testimoni dei temi di cui si occupa la Consulta. Attualmente ne fanno parte 30 associazioni di volontariato, comprese quelle di religione islamica.

  • Il Covid 19 e le associazioni come le conosce lei nella Consulta: che relazioni si sono innescate fra queste due realtà dell’oggi?

Viviamo un momento surreale, dove in poco tempo si è fermato tutto, dove in poche settimane abbiamo dovuto cambiare abitudini quotidiane che praticavamo da sempre. Possi affermare, però, che nonostante tutto questo non si è fermata la macchina della solidarietà e dell’attivismo delle associazioni, anzi, alcune di esse hanno aumentato il loro intervento verso la comunità. Certo, sono più visibili le associazioni direttamente coinvolte sul campo, come la Croce Rossa, la Caritas, l’A.D.R.A. , l’Avis ma anche le altre sono impegnate in attività di vero aiuto a persone od enti che ne hanno bisogno.

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“Da una solidarietà emotiva a una società giusta ed equa”

Intervista a Francesco Luminari, presidente dell’associazione Tenda Di Abramo di Falconara Marittima (An), che dal 1990 si occupa dell’accoglienza di persone senza fissa dimora e di sensibilizzazione sui temi della povertà e dell’esclusione sociale.

Da quasi 2 mesi è entrato di forza nelle nostre vite il mantra\monito #iorestoacasa: vi raccontiamo questo periodo dall’osservatorio di una realtà volontaristica che opera 365 giorni l’anno al servizio dei cosiddetti invisibili, “per non arrendersi alle cose così come sono”.

  • Come è cambiato il servizio dell’Associazione Tenda di Abramo dall’entrata in vigore delle restrizioni dovute al Covid-19?

Riepilogo le “mutazioni” che l’attività associativa ha dovuto seguire per far fronte all’emergenza sanitaria cercando di mantenere contemporaneamente presidiati i principali binari che la caratterizzano: accoglienza delle persone senza dimora; stimolo e collaborazione con enti locali; cultura e promozione dell’accoglienza per il territorio. Da metà febbraio – proprio mentre eravamo, dopo mesi di preparazione, alla fase finale di organizzazione delle celebrazioni previste per il trentennale dell’Associazione, programmate per metà di marzo… – abbiamo adottato le prime precauzioni per cercare di garantire un servizio sicuro all’interno della casa di prima accoglienza in Via Flaminia, 589. 

Si è iniziato dalla riduzione del numero di volontari presenti per turno (per scelta o presa d’atto in quanto, per ovvi motivi, da fine febbraio le disponibilità a garantire la presenza diminuivano progressivamente) arrivando in breve al “blocco” dei nuovi ingressi, misura presa da tutte le case di accoglienza della regione. Successivamente si è garantita una distanza minima fra i tavoli e gli ospiti in refettorio per la cena, fino alla riduzione degli ospiti per ogni camera e la disinfezione dei locali, precauzionalmente fatta fare da una ditta esterna la mattina del 9 marzo. 

Purtroppo alla fine è risultato impossibile continuare, non riuscendo più a mantenere allo stesso tempo un livello minimo di serenità per gli ospiti e i volontari che si succedevano nei turni. Da sabato 14 marzo, l’attività quotidiana ordinaria presso la casa di accoglienza di Via Flaminia 589 è stata ”sospesa”. 

Grazie all’intuizione di alcuni consiglieri e volontari, da quella mattina l’attività associativa è continuata senza interruzione. Su canali e con modalità diverse la cura e l’accoglienza dei nostri ospiti sono proseguite. Seguendo l’idea di Giuseppe e Stefano, grazie all’impegno e all’esperienza di Chiara (la nostra operatrice del segretariato sociale) e attraverso una modalità di confronto intenso si è scelto di cercare alloggi alle 4 persone che erano in Tenda alla data della sospensione e nei giorni successivi anche ad altre persone, segnalate da associazioni e parrocchie. Arrivando così a 10 persone a cui stiamo garantendo, da settimane, un alloggio.

Nulla sarà più come prima

Silvano Sbarbati, a nome del Coordinamento delle AdV e APS, riprende e sviluppa alcuni sputi ricavati dalla lettura dell’ultimo numero del quindicinale di informazione “Jesi e la sua Valle”.

La ben costruita intervista di Matteo Tarabelli al sindaco di Jesi Massimo Bacci porta un titolo che richiama una idea che in queste settimane si è molto diffusa, forse perché convincente: “Nulla sarà come prima”. E poi un sottotitolo dove il sindaco dice testualmente (tra virgolette): “Questa emergenza ci ha cambiato, non sarà semplice ripartire, ma stiamo riscoprendo il senso di comunità”. Ora, chi abbia interesse per l’argomento può accedere all’ultimo fascicolo di Jesi e la sua Valle del 25 aprile, alle pagine 12 e 13.

Qui, nel contesto proprio del mondo del volontariato, vorrei cercare di approfondire quanto emerge dalle dichiarazioni del sindaco che, alla domanda su ciò che di positivo ha vissuto in queste settimane di emergenza Covid 19, definisce il volontariato  (dentro il contesto del Terzo Settore)  come un “gigantesco  patrimonio che abbiamo fra le mani”. Dopo averlo ringraziato per il coraggio e il determinante contributo, Bacci anticipa pure che con l’assessore  Marialuisa Quaglieri  sta “valutando interventi per valorizzare ulteriormente questa rete di reciproco aiuto, con l’obiettivo di non disperdere uno dei pilastri più vigorosi di questo territorio”.

Dunque: volontariato come “gigantesco patrimonio” e impegno del  Comune per “valorizzare e non disperdere questo pilastro vigoroso del territorio”.

Le due metafore sono suggestive e di forte impatto comunicativo. Pensare al volontariato come patrimonio rimanda ad una ricchezza; e qui vorremmo riuscire a capire di  che cosa sia fatta questa ricchezza. Non di denaro, certo, né di poteri istituzionali, né di strumentazione.  Forse di “capitale umano”, usando una brutta metafora che rimanda alla fabbrica. Certo, il volontariato è una ricchezza di disponibilità, di attenzioni, di cura proprie di persone verso altre persone. Dunque volontariato come patrimonio, come giacimento di umanità. 

Ci voleva il Covid 19  e le sofferenze derivanti per “riscoprire” questo elemento che è collante di ogni comunità. Lo sottolinea il sindaco, nelle sue dichiarazioni e possiamo soltanto condividere, sottolineando  tuttavia che se un senso di comunità è stato “riscoperto” vuol dire che esisteva, pur sottotraccia , pur se velato da altri valori meno sostanziali.

Ecco: quando si afferma che “nulla sarà come prima” vorremmo che quel nulla  – che richiama il vuoto – venisse riempito di cose, di concreti riferimenti a cui indirizzare il fare del dopo… Proviamo a fare un elenco?

  1. Togliere il “velo oscurante”  che ha coperto la capacità del volontariato di fare comunità, accreditandolo tra i soggetti di riferimento delle scelte fondamentali per la città e il territorio;
  2. Riposizionarlo all’interno delle priorità del bilancio comunale;
  3. Fare chiarezza istituzionale sull’associazionismo e le sue diverse nature rispetto al volontariato in ambito locale, nell’alveo della nuova legge sul Terzo Settore;
  4. Dare attenzione costante ai bisogni espressi dal volontariato, compreso quello di formazione per aumentarne la capacità di capire e agire a favore della propria comunità;
  5. Alfabetizzare e sensibilizzare le istituzioni pubbliche perché interpretino meglio i desideri del volontariato (tutto intero, in tutte le sue forme di intervento) senza settorializzarli negli ambiti di ciascuna associazione, ma integrandoli – finalmente e concretamente – nella logica di rete.

Silvano Sbarbati